martedì 30 aprile 2013

Motori di ricerca: secondo round!

Oggi ho deciso di sacrificare un'oretta del mio pomeriggio per immergermi nuovamente nella spinosa questione dei motori di ricerca nel tentativo di capirci qualcosa i più.
Riprendendo il mio post precedente, avevamo detto che i motori di ricerca hanno quattro funzioni:
  • crawling (scansione) del web;
  • indicizzazione dei documenti scansionati;
  • calcolo della rilevanza e dell'ordine dei risultati;
  • presentazione dei risultati.
A questo punto veniamo a noi:  come faccio a far comparire e a posizionare bene il mio sito sui vari motori di ricerca e non rischiare così il mio posto di lavoro?
In sostanza, il buon posizionamento di un sito dipende da tre parametri principali, ovvero qualità dei contenuti (e qui ci siamo), presenza di keyword nel testo (e qui ci potremmo pure essere) e link popularity (e nooo!). Quest'ultimo fattore dipende appunto dalla popolarità sul web del sito stesso: i siti ritenuti più popolari e autorevoli occupano posizioni più alte, quindi più sono i link sparsi per il web che puntano al sito più si sale.

Visto che per il momento, sul terzo parametro non posso incidere dl momento che il fatto che altri siti linkino al mio non dipende da me (oltre ad essere altamente improbabile), devo cercare altri escamitage che mi consentano di salvarmi il posto di lavoro.
Leggendo i suggerimenti proposti dagli stessi motori i ricerca però scopro trucchi molto utili per gli inetti come me:
  1. fare in modo che altri siti linkino il mio;
  2. apportare frequenti aggiornamenti all'indice;
  3. creare un sito con una chiara gerarchia;
  4. nella parte di testo visibile in pagina, includere le parole che gli utenti potrebbero scegliere come termini di ricerca per trovare l'informazione sul mio sito;
  5. non creare pagine troppo pesanti;
  6. creare un sito con link testuali e assicurarsi che ciascuna pagina sia accessibile da uno o più link testuali statici;
  7. non inserire nelle immagini il testo che si vuole indicizzare;
  8. non fare del cloaking (mamma mia mi stupisco di me stessa!), ovvero non inserire nei motori di ricerca contenuti diversi da quelli del sito per cercare di attirare più utenti;
  9. mantenere un numero ragionevole di link in una pagina e comunque non oltrepassare i 100.
In sostanza quindi, da quello che ho capito, molti dei trucchi che circolano su internet proposti per fuorviare questi maledetti motori di ricerca non funzionano o sono addirittura dannosi e il vero trucco è quello di creare un servizio buono e puntare sulla customer satisfaction e sul conseguente passaparola.
E così forse ce la posso fare anch'io!

mercoledì 24 aprile 2013

Il Cluetrain Manifesto

"Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare, ma non ad aspettare", Cluetrain Manifesto.

Negli uffici normali in pausa caffè si parla di argomenti normali, come programmi per il week end, la vita dei propri figli, una ricetta venuta particolarmente bene.
Nel mio ufficio no. Nel mio ufficio non si può stare tranquilli neanche in quei cinque minuti risicati di pausa.
Nel mio ufficio, mentre si pasteggia a caffè e biscottini, si parla di Cluetrain Manifesto. E io comincio a sorridere e annuire come se sapessi di cosa si tratta....
Rientrata in ufficio e scampata all'ennesima figura da scema mi tuffo in rete e cerco, cerco, cerco.

Il Cluetrain Manifesto è un insieme di 95 tesi scritte da un gruppo di comunicatori (capitanato dal consulente della IBM Rick Levine) che propone una riforma della comunicazione delle aziende ai tempi del web 3.0, che tenga conto che nel mondo online gli individui sono passati da una comunicazione unidirezionale e impersonale a una comunicazione interattiva e personalizzata, diventando appunto "esseri umani" anche sul web.

Alla base di tutto c'è l'assunzione che "i mercati sono fatti di conversazioni" dal momento che gli esseri umani si riconoscono solo dialogando, per. ui serve un nuovo modo di approcciarsi al mercato che tenga conto di queste considerazioni di base.
Da qui tutto il resto che riporto direttamente da http://www.mestierediscrivere.com/articolo/Tesi:

95 TESI
  1. I mercati sono conversazioni.
  2. I mercati sono fatti di esseri umani, non di segmenti demografici.
  3. Le conversazioni tra esseri umani suonano umane. E si svolgono con voce umana.
  4. Sia che fornisca informazioni, opinioni, scenari, argomenti contro o divertenti digressioni, la voce umana è sostanzialmente aperta, naturale, non artificiosa.
  5. Le persone si riconoscono l’un l’altra come tali dal suono di questa voce.
  6. Internet permette delle conversazioni tra esseri umani che erano semplicemente impossibili nell’era dei mass media.
  7. Gli iperlink sovvertono la gerarchia.
  8. Sia nei mercati interconnessi che tra i dipendenti delle aziende intraconnessi, le persone si parlano in un nuovo modo. Molto più efficace.
  9. Queste conversazioni in rete stanno facendo nascere nuove forme di organizzazione sociale e un nuovo scambio della conoscenza.
  10. Il risultato è che i mercati stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati. Partecipare a un mercato in rete cambia profondamente le persone.
  11. Le persone nei mercati in rete sono riuscite a capire che possono ottenere informazioni e sostegno più tra di loro, che da chi vende. Lo stesso vale per la retorica aziendale circa il valore aggiunto ai loro prodotti di base.
  12. Non ci sono segreti. Il mercato online conosce i prodotti meglio delle aziende che li fanno. E se una cosa è buona o cattiva, comunque lo dicono a tutti.
  13. Ciò che accade ai mercati accade anche a chi lavora nelle aziende. L’entità metafisica chiamata "L’Azienda" è la sola cosa che li divide.
  14. Le aziende non parlano con la stessa voce di queste nuove conversazioni in rete. Vogliono rivolgersi a un pubblico online, ma la loro voce suona vuota, piatta, letteralmente inumana.
  15. Appena tra qualche anno, l’attuale "omogeneizzata" voce del business – il suono della missione aziendale e delle brochures – sembrerà artefatta e artificiale quanto il linguaggio della corte francese nel settecento.
  16. Le aziende che parlano il linguaggio dei ciarlatani già oggi non stanno più parlando a nessuno.
  17. Se le aziende pensano che i loro mercati online siano gli stessi che guardavano le loro pubblicità in televisione, si stanno prendendo in giro da sole.
  18. Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione.
  19. Le aziende possono ora comunicare direttamente con i loro mercati. Se non lo capiscono, potrebbe essere la loro ultima occasione.
  20. Le aziende devono capire che i loro mercati ridono spesso. Di loro.
  21. Le aziende dovrebbero rilassarsi e prendersi meno sul serio. Hanno bisogno di un po’ di senso dell’umorismo.
  22. Avere senso dell’umorismo non significa mettere le barzellette nel sito web aziendale. Piuttosto, avere dei valori, un po’ di umiltà, parlar chiaro e un onesto punto di vista.
  23. Le aziende che cercano di "posizionarsi" devono prendere posizione. Nel migliore dei casi, su qualcosa che interessi davvero il loro mercato.
  24. Vanterie ampollose del tipo "Siamo posizionati per essere il primo fornitore di XYZ" non costituiscono un posizionamento.
  25. Le aziende devono scendere dalla loro torre d’avorio e parlare con la gente con la quale vogliono entrare in contatto.
  26. Le Pubbliche Relazioni non si relazionano con il pubblico. Le aziende hanno una paura tremenda dei loro mercati.
  27. Parlando con un linguaggio lontano, poco invitante, arrogante, tengono i mercati alla larga.
  28. Molti programmi di marketing si basano sulla paura che il mercato possa vedere cosa succede realmente all’interno delle aziende.
  29. Elvis l’ha detto meglio di tutti: "Non possiamo andare avanti sospettandoci a vicenda".
  30. La fedeltà a una marca è la versione aziendale della coppia fissa, ma la rottura è inevitabile ed è in arrivo. Poiché sono in rete, i mercati intelligenti possono rinegoziare la relazione con incredibile rapidità.
  31. I mercati in rete possono cambiare fornitore dalla sera alla mattina. I lavoratori della conoscenza in rete possono cambiare datore di lavoro nel tempo dell’intervallo del pranzo. Le vostre "iniziative di downsizing" ci hanno insegnato a domandarci "La fedeltà? Cos’è?"
  32. I mercati intelligenti troveranno i fornitori che parlano il loro stesso linguaggio.
  33. Imparare a parlare con voce umana non è un gioco di società. E non può essere improvvisato a un qualsiasi convegno solo per darsi un tono.
  34. Per parlare con voce umana, le aziende devono condividere i problemi della loro comunità.
  35. Ma prima, devono appartenere a una comunità.
  36. Le aziende devono chiedersi dove finisce la loro cultura di impresa.
  37. Se la loro cultura finisce prima che inizi la comunità, allora non hanno mercato.
  38. Le comunità umane sono basate sulla comunicazione – su discorsi umani su problemi umani.
  39. La comunità della comunicazione è il mercato.
  40. Le aziende che non appartengono a una comunità della comunicazione sono destinate a morire.
  41. Le aziende fanno della sicurezza una religione, ma si tratta in gran parte di una manovra diversiva. Più che dai concorrenti, la maggior parte si difende dal mercato e dai suoi stessi dipendenti.
  42. Come per i mercati in rete, le persone si parlano direttamente anche dentro l’azienda – e non proprio di regole e regolamenti, comunicazioni della direzione, profitti e perdite.
  43. Queste conversazioni si svolgono oggi sulle intranet aziendali. Ma solo quando ci sono le condizioni.
  44. Di solito le aziende impongono l’intranet dall’alto, per distribuire documenti sulla politica del personale e altre informazioni aziendali che i dipendenti fanno del loro meglio per ignorare.
  45. Le intranet emanano noia. Le migliori sono quelle costruite dal basso da singole persone che si impegnano per dare vita a qualcosa di molto più valido: una conversazione aziendale in rete.
  46. Una intranet in buona salute organizza i dipendenti nel più ampio significato del termine. Il suo effetto è più radicale di qualsiasi piattaforma sindacale.
  47. Se questo spaventa a morte le aziende, è pur vero che esse dipendono fortemente dalle intranet aperte per far emergere e condividere le conoscenze più importanti. Devono resistere all’impulso di "migliorare" o tenere sotto controllo queste conversazioni in rete.
  48. Quando le intranet aziendali non sono condizionate da timori o da un eccesso di regole, incoraggiano un tipo di conversazione molto simile a quella dei mercati in rete.
  49. Gli organigrammi funzionavano nella vecchia economia, in cui i piani dovevano essere ben compresi da tutta la piramide gerarchica e dettagliati piani di lavoro potevano scendere dall’alto.
  50. Oggi, l’organigramma è fatto di link, non di gerarchie. Il rispetto per la conoscenza vince su quello per l’autorità astratta.
  51. Gli stili di management basati sul comando e sul controllo derivano dalla burocrazia e al tempo stesso la rafforzano. Il risultato sono la lotta per il potere e una cultura di impresa paranoica.
  52. La paranoia uccide la conversazione. Questo è il punto. Ma la mancanza di conversazione uccide le aziende.
  53. Ci sono due conversazioni in corso. Una all’interno dell’azienda, l’altra con il mercato.
  54. Nessuna delle due va bene, nella maggior parte dei casi. Quasi sempre, alla base del fallimento ci sono le vecchie idee di comando e controllo.
  55. Come politica di impresa, queste idee sono velenose. Come strumenti, sono fuori uso. Comando e controllo sono visti con ostilità dai lavoratori della conoscenza e con sfiducia dai mercati online.
  56. Queste due conversazioni vogliono parlare l’una con l’altra. Parlano lo stesso linguaggio. Si riconoscono l’un l’altra dalla voce.
  57. Le aziende intelligenti si faranno da parte per far accadere l’inevitabile il prima possibile.
  58. Se la volontà di farsi da parte è presa come parametro del quoziente di intelligenza, allora veramente poche aziende si mostrano rinsavite.
  59. Seppur subliminalmente, milioni di persone sulla rete percepiscono ormai le aziende come strane finzioni legali che fanno di tutto perché queste due conversazioni non si incontrino.
  60. Questo è suicidio. I mercati vogliono parlare con le aziende.
  61. E’ triste, ma la parte di azienda con cui i mercati vogliono parlare è spesso nascosta dietro una cortina di fumo, il cui linguaggio suona falso – e spesso lo è.
  62. I mercati non vogliono parlare con ciarlatani e venditori ambulanti. Vogliono partecipare alle conversazioni che si svolgono dietro i firewall delle aziende.
  63. Sveliamoci e parliamo di noi: quei mercati siamo Noi. Vogliamo parlare con voi.
  64. Vogliamo accedere alle vostre informazioni, ai vostri progetti, alle vostre strategie, ai vostri migliori cervelli, alle vostre vere conoscenze. Non ci accontentiamo delle vostre brochures a 4 colori, né dei vostri siti Internet sovraccarichi di bella grafica ma senza alcuna sostanza.
  65. Noi siamo anche i dipendenti che fanno andare avanti le vostre aziende. Vogliamo parlare ai clienti direttamente, con le nostre voci e non con i luoghi comuni delle brochures.
  66. Come mercati, come dipendenti, siamo stufi a morte di ottenere le informazioni da un lontano ente di controllo.
  67. Come mercati, come dipendenti, ci domandiamo perché non ci ascoltate. Sembrate parlare una lingua diversa.
  68. Il linguaggio tronfio e gonfio con cui parlate in giro – nella stampa, ai congressi – cosa ha a che fare con noi?
  69. Forse fate una certa impressione sugli investitori. Forse fate una certa impressione in Borsa. Ma su di noi non fate alcuna impressione.
  70. Se non fate alcuna impressione su di noi, i vostri investitori possono andare a fare un bagno. Non lo capiscono? Se lo capissero, non vi lascerebbero parlare così.
  71. Le vostre vecchie idee di "mercato" ci fanno alzare gli occhi al cielo. Non ci riconosciamo nelle vostre previsioni – forse perché sappiamo di stare già da un’altra parte.
  72. Questo nuovo mercato ci piace molto di più. In effetti, lo stiamo creando noi.
  73. Siete invitati, ma è il nostro mondo. Levatevi le scarpe sulla soglia. Se volete trattare con noi, scendete dal cammello.
  74. Siamo immuni dalla pubblicità. Semplicemente dimenticatela.
  75. Se volete che parliamo con voi, diteci qualcosa. Tanto per cambiare, fate qualcosa di interessante.
  76. Abbiamo qualche idea anche per voi: alcuni nuovi strumenti, alcuni nuovi servizi. Roba che pagheremmo volentieri. Avete un minuto?
  77. Siete troppo occupati nel vostro business per rispondere a un’email? Oh, spiacenti, torneremo. Forse.
  78. Volete i nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione.
  79. Interrompete il viaggio, uscite da quell’auto-coinvolgimento nevrotico, venite alla festa.
  80. Niente paura, potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente.
  81. Avete notato che di per sé i soldi sono qualcosa di noioso e a una sola dimensione? Di cos’altro possiamo parlare?
  82. Il vostro prodotto si è rotto. Perché? Vorremmo parlare col tipo che l’ha fatto. La vostra strategia aziendale non significa niente. Vorremmo scambiare due parole con l’amministratore delegato. Che vuol dire che "non c’è"?
  83. Vogliamo che prendiate sul serio 50 milioni di noi almeno quanto prendete sul serio un solo reporter del Wall Street Journal.
  84. Conosciamo alcune persone della vostra azienda. Sono piuttosto bravi online. Ne nascondete altri, di bravi? Possono uscire ed entrare in gioco anche loro?
  85. Quando abbiamo delle domande, ci cerchiamo l’un l’altro per le risposte. Se non esercitaste un tale controllo sulle "vostre persone", sarebbero anche loro tra le persone che cercheremmo.
  86. Quando non siamo occupati a fare il vostro "mercato target", molti di noi sono le vostre persone. Preferiamo chiacchierare online con gli amici che guardare l’orologio. Questo farebbe conoscere il vostro nome molto di più del vostro sito internet da un milione di dollari. Ma siete voi a dirci che è la Divisione Marketing che deve parlare al mercato.
  87. Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello. Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano.
  88. Abbiamo di meglio da fare che preoccuparci se riuscirete a cambiare in tempo. Il business è solo una parte della nostra vita. Sembra essere invece tutta la vostra. Pensateci: chi ha bisogno di chi?
  89. Il nostro potere è reale e lo sappiamo. Se non riuscite a vedere la luce alla fine del tunnel, arriverà qualcuno più attento, più interessante, più divertente con cui giocare.
  90. Anche nel peggiore dei casi, la nostra nuova conversazione è più interessante della maggior parte delle fiere commerciali, più divertente di ogni sitcom televisiva, e certamente più vicina alla vita di qualsiasi sito web aziendale.
  91. Siamo leali verso noi stessi, - i nostri amici, i nostri nuovi alleati, i nostri conoscenti, persino verso i nostri compagni di battute. Le aziende che non fanno parte di questo mondo non hanno nemmeno un futuro.
  92. Le aziende stanno spendendo miliardi di dollari per il problema dell’Anno 2000. Come fanno a non sentire la bomba a orologeria nei loro mercati? La posta in gioco è persino più alta.
  93. Siamo dentro e fuori le aziende. I confini delle nostre conversazioni sembrano il Muro di Berlino di oggi, ma in realtà sono solo una seccatura. Sappiamo che stanno crollando. Lavoreremo da entrambe le parti per farle venire giù.
  94. Alle aziende tradizionali le conversazioni online possono sembrare confuse. Ma ci stiamo organizzando più rapidamente di loro. Abbiamo strumenti migliori, più idee nuove, nessuna regola che ci rallenti.
  95. Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare, ma non ad aspettare.
La traduzione italiana è di Luisa Carradawww.mestierediscrivere.com

Copyright versione inglese © 1999 Levine, Locke, Searls & Weinberger.
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Nuovi motori di ricerca come funghi all'orizzonte

A proposito di motori di ricerca, sul Corriere di ieri ho trovato un articolo di Paolo Ottolina che cadeva proprio a fagiolo (vedi "Piccoli motori crescono: i casi istella, Quag e Qwant") in quanto trattava dei nuovi concorrenti di Google spuntati nell'ultimo anno.

Tra di essi emergono due nomi italiani:

  • istella (tanto che il nome è "stella" in sardo), che, nato dalla Tiscali, si concentra soprattutto sul web italiano, che cerca di implementare l'indicizzazione del web del Bel Paese chiedendo agli utenti di "condividere e contribuire" mettendo in rete archivi e documenti assenti dal web e collaborando con enti, istituzioni, aziende e archivi pubblici e privati;

  • Quag, anch'esso sardo, che funziona come "metamotore" che si appoggia  per le ricerche a Google o Microsoft Bing, interessante in quanto segnala gli utenti che hanno eseguito le stesse ricerche sullo stesso argomento creando così una community. 


Anche la terza novità, ovvero il motore di ricerca francese Qwant, funziona come una sorta di motore di ricerca tradizionale abbinato però ai social network, presentando i risultati della ricerca divisi in 5 colonne (web, live, social, shopping e Wikipedia.

Direi che a questo punto servirebbe un motore di ricerca per selezionare il motore di ricerca appropriato in base al tipo di ricerca che bisogna fare ma sicuramente qualcuno ci starà già pensando...

sabato 20 aprile 2013

Benedetti motori di ricerca...

L'obiettivo che mi è stato assegnato per le prossime settimane consiste nell'aumentare il traffico web verso il sito che devo curare.

Eh, sì, facile a dirsi, ma da che parte comincio?

In una fantastica guida che trovo su www.neoseo.it/guida-seomoz/, leggo che "se un sito non si trova sui principali motori di ricerca commerciali e se il suo contenuto non risulta indicizzato nei loro database stai perdendo l'incredibile opportunità di attrarre sul sito il traffico proveniente dai motori di ricerca". In sostanza,  detto brutalmente, se non sei sui motori di ricerca, non esisti.

Controllo così su Google, Bing e Yahoo e, ovviamente, scopro che il sito di cui mi devo occupare io non compare neanche per sbaglio!
Benissimo, penso, che fortuna!


Ed è a questo punto che entra in scena il SEO, ovvero Search Engine Optimization che comincio a camminare su e giù per il corridoio ripetendomi ossessivamente le due parole magiche, indicizzazione e posizionamento, indicizzazione e posizionamento, indicizzazione e posizionamento.



Ma come funzionano i motori di ricerca?
Su www.neoseo.it trovo qualche spiegazione illuminante e soddisfacente che potrebbe aiutarmi a capire: i motori di ricerca hanno quattro funzioni:

  1. scansione (crawling) del web;
  2. costruzione dell'indice;
  3. calcolo della rilevanza e dell'ordine dei risultati;
  4. presentazione dei risultati delle ricerche.

Bene, per cominciare mi sembra anche un ottimo punto di partenza ma mo' che faccio?
Facciamo che oggi ci dormo su e domani a mente lucida riprendo il tutto in mano....
Che sfacelo!
No dai Epica, ce la puoi fare, coraggio!

domenica 14 aprile 2013

E chi sono questi Seo & Sem?

"Epica, ma per lanciare il tuo blog devi necessariamente spingere col SEO e col SEM!", mi consiglia semidisgustato il SEO Specialist che lavora con me a cui ho malauguratamente chiesto un suggerimento.
“E chi sono?”, vorrei rispondergli, invece, sorrisino alla bocca, celo la mia totale ignoranza con un bel “Eh già!” e qualche cenno del capo per sottolineare maggiormente il mio completo accordo.
Dopodiché, forza Google!

Scopro così che “Seo & Sem” non è un nuovo manga giapponese ma sono due discipline finalizzate alla promozione dei siti web sui motori di ricerca e che Seo starebbe per Search Engine Optimization, mentre SEM per Search Engine Marketing.
Sono la stessa cosa, penserebbero tutti.
E invece no, sarebbe bello ma c’è una differenza sostanziale tra i due amici: in primis, i soldi da investire, e, in secondo luogo, il fatto che il primo è un lavoro diretto sul sito, mentre l’altro su elementi esterni ad esso (ad esempio campagne pubblicitarie e per aumentare la popolarità del link

Su www.trebiano.it (che ringrazio per avermi illuminato!) leggo che “La Search Engine Optimization (SEO) comprende tutte quelle attività messe in atto da un professionista dei motori di ricerca allo scopo di migliorare il posizionamento delle pagine di un sito web sulle pagine dei risultati organici (anche detti risultati naturali) restituite dai motori di ricerca in corrispondenza delle parole chiave ritenute più strategiche”. Queste attività consistono soprattutto nell'ottimizzazione dell’architettura di un sito, delle sue singole pagine e di tutti gli elementi di contenuto che lo compongono.

Sempre su www.trebiano.it scopro invece che il fratello SEM, ovvero il Search Engine Marketing (SEM) “indica l’insieme delle attività di web marketing svolte per incrementare la visibilità e la rintracciabilità di un sito web attraverso i motori di ricerca. Diremo inoltre che tale disciplina si occupa non solo di attuare diverse strategie di Web Marketing per raggiungere obiettivi in termini di reperibilità di un sito internet sui motori di ricerca, ma anche di valutare i ritorni delle singole azioni con appositi strumenti di web analysis”.
Uhmuhm, i presupposti per cominciare l’attività ci sono tutti, almeno adesso so che Seo e Sem non c’entrano niente con Tom&Jerry, ma la vedo dura lo stesso.
Beh, domani è un altro giorno…

giovedì 11 aprile 2013

Alla scoperta del magico mondo del QR Code...

Sto trascorrendo una tranquillissima giornata in ufficio quando, a un certo punto,mi arriva una proposta dal social media specialist che mi lascia perplessa: "facciamo una campagna utilizzando il QR Code per lanciare l’APP?”.
Ora, fino a capire che cos’è un’App ci sono, ma che cos’è un QR Code?

A questo punto noi poveri profani improvvisati, oltre a diventare rossi come pomodori maturi e cominciare a sudare come rubinetti aperti, non possiamo fare altro che trovare un veloce escamotage per rispondere alla richiesta in modo soddisfacente e senza far trasparire minimamente che non abbiamo la più pallida idea di cosa si stia parlando. Per cui, remi alla mano, comincio a navigare su Google alla ricerca di un'illuminazione.

Scopro così che dietro al parolone "QR Code" non si nasconde altro che un codice a barre bidimensionale, composto da piccoli moduli disposti all'interno di uno schema quadrato in modo da memorizzare al loro interno le informazioni che si intende veicolare, fino ad un massimo di 4.296 caratteri alfanumerici o 7.089 caratteri numerici

Si, ma come li leggo?
Basterà poi inquadrare il codice con un lettore apposito o un telefono cellulare di ultima generazione dotato di videocamera (dopo aver scelto, scaricato ed installato l'applicazione gratuita necessaria, il QR-Reader) per riuscire a ricevere le istruzioni contenute nel QR Code dopo solo qualche secondo.
Vi consiglio anche di prestare attenzione all'applicazione che scegliete di installare: quelle più evolute sono in grado di eseguire azioni automatiche che permettono di risparmiare le nostre energie, come inserire eventi in agenda, aggiungere contatti nella rubrica, aprire un navigatore sulla posizione GPS acquisita, aprire il browser all'indirizzo web specificata e addirittura comporre il numero di telefono desiderato.
Se non avete esigenze specifiche, i siti più affidabili raccomandano per Android Barcode scanner e per I-Phone QR Reader.

E quando li utilizzo?
I QR Code si trovano ormai dappertutto ma risultano particolarmente utili su pubblicazioni cartacee come volantini, locandine, biglietti da visita, per fornire servizi aggiuntivi e commercializzare prodotti e servizi. Ad esempio, dovete pubblicizzare un evento? Bene, allora nelle locandine, nei volantini e nelle cartoline che distribuite inserite lo stesso evento in formato QR Code in questo modo chiunque potrà facilmente aggiungerlo alla propria agenda senza dover necessariamente riportare manualmente i dati uno per uno.

In che modo generare un QR code?
Esistono numerosi siti web che permettono di generare vari tipi di QR Code in diverse dimensioni tramite una comoda interfaccia. Io ad esempio ho usato Generatore di Codici QR.
Alcuni siti permettono diversi livelli di correzione degli errori (indicate con le lettere L M Q H), che è importante verificare che sia alto qualora si decida di inserire nel QR Code un logo e o comunque un'immagine che copre parte del codice senza perdere la funzionalità.

E comunque, anche per oggi me la sono scampata bella, il QR Code è fatto e il posto di lavoro è ancora salvo!